Espressionismo
Il termine designa una
tendenza artistica che, diffusasi in tutta Europa nei primi due decenni del Novecento,
fece dell'espressione (da ex-premere, ovvero spingere fuori, forzare all'esterno) del
sentire del soggetto, delle sue emozioni e stati d'animo, il cardine di un linguaggio di
forme "brute", semplificate ed essenziali.
Il primo gruppo
propriamente espressionista è, nonostante il consueto riferimento del termine ad
esperienze sorte in ambito tedesco, il gruppo dei Fauves.
Matisse. Derain, Vlamink, Van Dongen, Dufy esposero insieme al Salon d'Autornne del 1905,
guadagnandosi l'appellativo di "belve".
Comune a questi artisti, tra i quali figura per un breve periodo anche Georges Braque, è
il rifiuto delle convenzioni prospettiche e delle morbidezze del chiaroscuro.
Le figure, brutalizzate da un segno aggressivo, si riducono a contorni semplificati, a
superfici deformate campite da colon accesi e violenti.
Nello stesso anno alcuni
artisti tedeschi tra i quali Kirchner, Heckel, Schmidt-Rottluff e, in seguito, Nolde e
Peckstein, fondarono a Dresda "Die Brucke" (Il Ponte). Nel 1911, quando ormai
l'esperienza fauve poteva dirsi conclusa, trasferirono la propria sede a Berlino, per
sciogliersi solo nei 1913.
L'accentuata deformazione
delle linee, la predilezione per il tratto spigoloso e spezzato, il violento contrasto
luce-ombra, eredità di tecniche grafiche arcaizzanti, contribuiscono alla creazione di un
universo figurativo lacerato da tensioni e inquietudini di chiara derivazione romantica.
Questa coloritura drammatica, venata in taluni casi di misticismo, differenzia in modo
significativo l'esperienza tedesca da quella francese.
Protagonisti del medesimo
atteggiamento artistico-culturale sono, in Austria, Kokoschka e Schiele e, in area russa,
Larionov e la Goncarova.
Un discorso a parte merita,
pur se sorto in ambito espressionista, il gruppo " Der Blaue Reiter" ("Il
Cavaliere Azzuro") fondato da Vasilij Kandinsky (1866-1944) e Franz Marc (1880-1916)
nel 1911 a Monaco, in seno al quale nacque l'astrattismo.
In Italia la sensibilità
espressionista trovò compiuta realizzazione nell'opera di Rossi, Garbari, Martini, Viani,
frequentatori delle esposizioni veneziane di Ca' Pesaro.
Il termine espressionismo
usato, sembra, la prima volta dal critico francese Vauxcelles riferito a Matisse, ha poi
designato, nelle sue diverse declinazioni, altri -ismi, tra i quali vale ricordare il
neo-espressionismo e l'espressionismo astratto.
Il termine
neo-espressionismo descrive una tendenza dell'arte tedesca della fine degli anni Sessanta,
e quindi perfettamente inserita nella cosiddetta "pittura citazionista", volta
alla manipolazione dei moduli formali dell'espressionismo storico: la pennellata veloce,
"tirata via" accentua il dinamismo della composizione e contribuisce, insieme
all'esasperato ingrandimento delle forme, a creare un effetto quasi di deflagrazione in
atto. I maggiori esponenti di questa tendenza sono Penk. Immendorff, Lupertz e Georg
Baselitz.
Il termine espressiomsmo
astratto designa invece una particolare stagione della pittura americana degli anni
Quaranta-Cinquanta che, forte dell'apporto di gran parte dei surrealisti e degli
astrattisti esuli negli Stati Uniti dall'inizio della guerra, vede, in modo particolare
nelle esperienze di Pollock e De Kooning, la nascita dell' Action painting.
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